Luci della Città: Trama del Film Recensione e Curiosità (1931) – Charlie Chaplin

Charlot è un vagabondo: dorme per strada e possiede poco altro oltre alla sua bombetta e al suo bastone. Un giorno viene erroneamente scambiato per un milionario da una fioraia cieca, cui aveva acquistato un fiore. Da quel momento, suo unico desiderio diviene il donarle la vista...

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Yes, I can see now.

(Charlie Chaplin)

Trama

Charlot è un vagabondo, sullo sfondo della metropoli post-Depressione: dorme per strada e possiede poco altro oltre alla sua bombetta e al suo bastone.

Un giorno viene erroneamente scambiato per un milionario da una fioraia cieca, cui aveva acquistato un fiore.

Da quel momento, suo unico desiderio diviene il donarle la vista, tramite una costosa operazione chirurgica.

Dopo essersi prodigato in diversi mestieri, riesce ad ottenere la somma da un ricco galantuomo, cui aveva salvato la vita.

Ma il suo atto di generosità provocherà il crollo del piano dell’illusione su quello della realtà, in un finale dal sapore dolce-amaro.

Recensione

Frutto di ben tre anni di lavorazione, il film si affaccia su di un periodo storico in cui qualsiasi cineasta aveva ormai ceduto alle lusinghe del sonoro. Chaplin cedette a musica e suoni, ma mantenne ferma la sua intransigenza rispetto ai dialoghi.

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Non solo!

Di quel nuovo cinema parlato si prese beffa nella scena iniziale: si assiste all’inaugurazione del Monumento della Prosperità, ma le voci degli oratori vengono rese in maniera ironica mediante Kazoos (strumenti musicali di origine africana), quasi a mimare la pessima resa qualitativa dei primi film sonori.

Un secondo intento è quello di deridere la vacuità di quei discorsi alla folla: si inaugura la Statua della Prosperità, infatti, ma fra le sue braccia dorme un “figlio della Grande Crisi del ’29”.

Quella è la vera faccia della metropoli, nascosta dietro alle “Luci della Città”…

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Davvero in pochi le conoscono:

I conflitti di classe sono resi evidenti nell’incontro fra il Vagabondo e il Gentiluomo: quest’ultimo dimostra la sua benevolenza soltanto quando è preda dell’ubriachezza, mentre la sobrietà finisce per imporgli il freddo egoismo del suo ceto.

Chaplin si diverte a parodiare vizi e debolezze di questi ricchi, incapaci della generosità tipica delle persone semplici.

Arriviamo dunque al primo incontro fra Charlot e la Fioraia: questa scena venne ripetuta ben 342 volte, in quanto Chaplin non riusciva ad escogitare un espediente valido a giustificare l’equivoco fra i due personaggi.

Alla fine, lo trovò nel rumore di chiusura dello sportello di una Rolls-Royce: il Vagabondo passa di lì per caso, ma la Fioraia lo crede uscito da quella lussuosa autovettura.

La perfezione viene, ad ogni modo, raggiunta nel finale: la Fioraia ormai ha riacquistato la vista ed ha un negozio tutto suo; davanti alla vetrina passa il Vagabondo, che si ferma incantato; lei non può riconoscerlo se non, inavvertitamente, al tatto…

Ma ormai vede, e vede l’impossibilità e la distanza… Vede, e nell’incrocio di sguardi fra i due, e di sorrisi e di amarezze, ognuno è lasciato solo ad immaginare cosa farà seguito alla dissolvenza finale…

Curiosità

La colonna sonora del film venne realizzata dallo stesso regista.

Alla prima, ad assistere allo spettacolo vi fu Albert Einstein, personalmente invitato dallo stesso Chaplin.

La protagonista del film, Virginia Cherill, era una ballerina alle prime armi nel mondo dello spettacolo.

Chaplin la conobbe durante un incontro di boxe e la scritturò immediatamente. Ma il rapporto fra i due non fu idilliaco: la Cherill, poco prima del termine delle riprese, venne infatti cacciata in malo modo dal set a seguito di un bisticcio col regista (fin troppo perfezionista) e rischiò addirittura il licenziamento.

Fortunatamente, l’attrito rientrò, così da consegnarci, tramite il suo volto, uno dei più bei finali della Storia del Cinema.


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autore

Giorgio

Autore del Blog. Classe ’84. In direzione ostinata e contraria sin da principio, della vita perseguo l’incanto... ...Delle parole, delle immagini, delle note. Mi piace stupirmi di ogni attimo inatteso, così da scoprire ogni volta il mio senso e il senso degli altri.

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