La Grande Guerra (1959) – Monicelli

La Grande Guerra racconta le vicende di un romano ed un milanese nel corso del primo conflitto mondiale, fra codardia ed ideali di patria.

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Sentinella: Chi va là?
Jacovacci: Ma che fai, aho, prima spari e poi dici chi va là?

Sentinella: E’ sempre mejo ‘n amico morto che ‘n nemico vivo! Chi siete?
Jacovacci: Semo l’anima de li mortacci tua!”
Sentinella: E allora passate!

Trama

1916: Chiamata alle armi. Il romano Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) ed il milanese Giovanni Busacca (Vittorio Gassman), dopo aver tentato invano diverse strategie per farsi riformare, si ritrovano arruolati al fronte.

Dopo un iniziale scontro fra i due, dovuto ad un inganno perpetrato da Jacovacci ai danni del Busacca, scatterà fra gli stessi un rapporto d’amicizia, alimentato in particolare dalla comune “codardia”.

Al fronte proveranno le sventure legate alla condizione di soldati, quali la sofferenza dovuta al freddo e l’adeguamento al cibo scadente, ma riusciranno ad ogni modo a scansare ogni situazione particolarmente pericolosa.

Nonostante la loro “prudenza”, finiranno comunque nelle mani del nemico, e in quel momento dovranno decidere se continuare a salvare la pelle o se dimostrarsi valorosi per il bene della Patria.

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Recensione

Tre David di Donatello, un Nastro d’Argento, un Leone d’Oro, più una Nomination come Miglior Film Straniero agli Oscar per questa autentica opera d’arte firmata Mario Monicelli.

Il regista, col suo solito “umorismo cinico”, ribalta in chiave comica l’evento drammatico, allontanandosi drasticamente dalla tradizionale narrazione epica adoperata per il delicato tema di “guerra”.

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Davvero in pochi le conoscono:

I personaggi messi in scena sono degli “anti-eroi” a tutti gli effetti, che portano sulle loro spalle le umane debolezze del nostro popolo (e non solo): dal loro punto di vista, ogni ideale è totalmente sacrificabile in nome del “vender cara la pelle”, inteso però come fuga da ogni rischio.

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Questo, per lo meno, fino al finale ad alto tasso di commozione.

Interessante analizzare la trasformazione del cinema italiano in appena un decennio (responsabile, ovviamente la guerra) grazie a film come questo: dal ” Cinema dei Telefoni Bianchi” di Camerini e Blasetti, rassicurante e totalmente scollato dalla realtà politica e sociale, ad un cinema che ritorna drammaticamente nel tempo per raccontare sogni infranti e disillusioni…

A veicolare questo racconto amaro sono le incredibili interpretazioni dei due protagonisti, di Silvana Mangano nei panni di una prostituta, come anche la caratterizzazione dei personaggi di contorno, alcuni dei quali non propriamente attori (es. il pugile Tiberio Mitri ed il cantante Nicola Arigliano).

La realistica ricostruzione bellica, assieme ai meriti sopra elogiati, hanno portato il film a pieno titolo fra le “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del paese fra il 1942 ed il 1978”.

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Curiosità

Nel film è presente la prima parolaccia del cinema italiano: sarebbe quel “Facia de merda” pronunciato da Gassman e rivolto ad un austriaco.


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autore

Giorgio

Autore del Blog. Classe ’84. In direzione ostinata e contraria sin da principio, della vita perseguo l’incanto... ...Delle parole, delle immagini, delle note. Mi piace stupirmi di ogni attimo inatteso, così da scoprire ogni volta il mio senso e il senso degli altri.

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