Quando si parla di legame fra Arte e Natura, per il Giappone, viene subito alla mente la rappresentazione de’ La Grande Onda di Hokusai: questo perché l’opera fu accolta con grande ammirazione nel nostro Occidente, tanto da riuscire ad influenzare generazioni di artisti, dagli Impressionisti in poi.
Il motivo è da ricercare non solo nella tecnica, con contorni ben marcati e colori vivi, ma anche per l’appunto nell’assoluta centralità che veniva riservata ad un fenomeno naturale, ripreso nel suo apice di potenza in contrapposizione alla fragilità dell’uomo (vd. i pescatori in difficoltà sulle barche).
Ma l’elemento naturale è protagonista indiscusso dell’Arte Giapponese, fin da tempi immemori, poiché manifestazione degli Spiriti che in esso albergano. Ma vediamo nel dettaglio!
Periodo Kofun
E’ in questo periodo storico, collocabile intorno al 300 d.C., che in Giappone si comincia a sviluppare la credenza che vi siano Spiriti ( = Kami) nella Natura.
Si consolida così lo Scintoismo ( = “Via degli Dei), ed un po’ ovunque vengono costruiti templi dedicati a questi Spiriti. In principio, si procedeva semplicemente conficcando quattro pali nel terreno, così da definire il “quadrato” della zona sacra.
Quindi, si cominciò a tendere una corda fra i quattro pali del perimetro, così da meglio delimitare la stessa. Infine, si arrivò alla vera e propria edificazione di strutture stabili, collocate sempre all’interno di boschi, sulle montagne o vicino a distese acquatiche, proprio per stabilire uno stretto rapporto fra Uomo, Natura ed Elemento Divino.
Periodo Asuka
Questo legame armonico Uomo/Natura ( = Fura), con conseguente ispirazione alle forme vegetali/minerali/animali nella composizione architettonica, rimarrà una costante in tutta la Storia dell’Arte Giapponese, anche dopo l’introduzione del Buddismo, che cambiò ogni aspetto di vita nella popolazione.
Questo passaggio si verificò nel cosiddetto Periodo Asuka, a partire dal 552.
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Per una più totale integrazione degli edifici religiosi con il contesto paesaggistico, i materiali da costruzione prediletti furono il legno di cipresso o di ciliegio, particolarmente presenti sul territorio.
Per quanto riguarda invece la tipologia stilistica, ebbe ampia diffusione la Pagoda, in quanto era in grado di compenetrarsi con l’ambiente circostante non soltanto per via dei materiali scelti, ma anche per i colori e per lo slancio verticale della struttura, così simile alle fronde di un albero in quello sviluppo di tetti a spiovente.
All’interno, fra l’altro, un pilastro centrale andava ad attraversare tutta l’altezza dell’edificio, pur non avendo valore di sostegno (ma solamente spirituale, come raccordo fra uomo e divinità), similmente per l’appunto ad un tronco d’albero.
Periodo Muromachi
Siamo in un periodo compreso fra 1392-1573, e a partire da questo il Giardino diverrà vero e proprio tratto distintivo e decorativo di ogni edificio, fosse esso pubblico o privato, profano o religioso.
Particolarmente suggestivi sono quelli che circondano le Case da Té, una sorta di dependance presente in tutte le abitazioni di Samurai.
Il giardino avvolge qui l’intera struttura, di dimensioni ridotte e assolutamente essenziale.
Elemento sempre più frequente diviene l’Acqua, per lo più in moto (a differenza di quanto era in uso in Cina). Laddove essa è assente, viene sostituita da una distesa di ghiaia che lambisce le rocce, simbolo di tempra morale.
Davvero in pochi le conoscono:
Il ritiro in questo luogo così appartato e la seguente cerimonia del tè doveva aiutare a togliere lo “sporco quotidiano”, quindi era necessario il silenzio, la sospensione, la meditazione.
Fra l’altro, la porta, alta 1 m circa, obbligava tutti a chinarsi, in segno di umiltà.
All’interno della sala, una parete (il Tokonoma) era decorata da un’opera di Ikebana, ovvero con fiori e steli tagliati.
Le prime composizioni consistevano in uno stelo alto, che rappresentava il cielo, e due steli più corti, a simboleggiare l’uomo e la terra.
Periodo Edo
Anche nella pittura, la Natura diventa il soggetto preferito: si sviluppano delle composizioni dette Ukiyo-e, ovvero “pittura del mondo fluttuante”.
Pare che questo tipo di classificazione venisse inizialmente riferito alle opere di Iwasa Matabei, che era solito accostare rappresentazioni paesaggistiche a scene a carattere storico o letterario.
Abbiamo comunque una buona definizione di questo tipo di pittura data da Asai Ryoi, celebre scrittore dei primi anni del Periodo Edo (1615 ca.-1868):
significa vivere soltanto il presente,
ammirare la luna, la neve, i fiori di ciliegio,
godere del vino, delle donne e dei canti,
lasciarsi trasportare dalla corrente della vita.Link sponsorizzati
La tecnica della xilografia segnò la sua fortuna: erano infatti i borghesi a richiedere queste opere e c’era bisogno che fossero diffuse in molte copie.
Fra gli artisti più abili in tal senso, ricordiamo Hokusai e Hiroshige, tanto che le loro opere furono d’ispirazione per molti impressionisti europei (es. Monet, Van Gogh, Gauguin).
Di Hokusai vanno citate in particolar modo le 36 vedute del Monte Fuji: si tratta di una serie di stampe in cui protagonista assoluto è per l’appunto il Monte Fuji, ripreso nelle varie stagioni, a diverse ore del giorno e in differenti condizioni atmosferiche. La veduta più celebre è rappresentata dalla già citata Grande Onda.
Passando invece a parlare di Hiroshige, questo si distingue per una particolare atmosfera in cui cala le sue rappresentazioni paesaggistiche: la contemplazione della natura e la sua trasposizione pittorica va infatti a sancire, nelle sue opere, un rapporto fra finito ed infinito, dunque lo scopo dell’artista è quello di catturare ciò che di divino c’è nel “respiro del cosmo”.
La sua serie più importante è rappresentata dalle 100 vedute famose di Edo. Frequenti nella sua produzione artistica sono anche le rappresentazioni di animali.
Era Meiji
Con l’avvento degli Occidentali, l’arte dell’Ukkiyo-e fu destinata a scomparire, poiché soppiantata da fotografia e litografia.
Rimarrà dunque soltanto il passato a conservare memoria di quello straordinario “mondo fluttuante”.