Le 5 città da romanzo

Quando la lettura è un magnifico viaggio, si può conoscere la Dublino di Joyce, la Parigi di Hugo e tutte le città invisibili di Calvino. Provate anche voi

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Vi è mai capitato, durante la lettura di un libro, di addentrarvi talmente nella storia da riuscirne a vedere i luoghi con gli occhi del protagonista?

A me succede sempre e così, pur non avendo viaggiato molto nella mia vita, ho visitato la Dublino di Joyce, la Parigi di Hugo e tutte le città invisibili di Calvino.

Ho pensato dunque di offrirvi una cernita delle più belle descrizioni di città pescate dalla mia libreria, così da farvi venire voglia di viaggiare… o di leggere…. o entrambe le cose! Eh già, perché

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi
                                                                                                              (Cit. Marcel Proust)

1. PRAGA (Praga Magica – Ripellino)

praga

 Io dico: se cerco un’altra parola per dire arcano, trovo soltanto la parola Praga. 

È torbida e malinconiosa come una cometa, come un’impressione di fuoco la sua bellezza, e serpentina ed obliqua come nelle anamòrfosi dei manieristi, con un alone di lugubrità e di sfacelo, con una smorfia di eterna disillusione. Si insinua sorniona nell’anima con stregamenti ed enigmi, dei quali solo essa possiede la chiave. 

Praga non molla nessuno di quelli che ha catturato

2. ISTANBUL (Rosso Istanbul – Ozpetek)

Istanbul

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Nella cartolina di mio padre, Istanbul è ritratta in bianco e nero. Per me Istanbul è, invece una città a colori. Il blu della Moschea di Rustem Pasha […]

E l’azzurro di certe giornate in cui il cielo ti fa venir voglia di diventare aquilone […]

Istanbul è il blu e rosso, che paiono riuscire a fondersi solo in certi tramonti sul Bosforo. E il rosso, il rosso dei carrettini dei venditori ambulanti di simit: le ciambelle calde ricoperte di sesamo che sono la prima cosa che compro quando arrivo.

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Davvero in pochi le conoscono:

Il rosso fiammante dei vecchi tram: oggi ne è rimasto solo uno, con cui i turisti attraversano il cuore della città

3. ROMA (Il Piacere – D’Annunzio)

Roma

Roma era il suo grande amore: non la Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fòri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese.

Egli avrebbe dato tutto il Colosseo per la Villa Medici, il Campo Vaccino per la Piazza di Spagna, l’Arco di Tito per la Fontanella delle Tartarughe.

La magnificenza principesca dei Colonna, dei Doria, dei Barberini l’attraeva assai più della ruinata grandiosità imperiale.

E il suo gran sogno era di possedere un palazzo incoronato da Michelangelo e istoriato dai Caracci, come quello Farnese; una galleria piena di Raffaelli, di Tiziani, di Domenichini, come quella Borghese; una villa, come quella d’Alessandro Albani, dove i bussi profondi, il granito rosso d’Oriente, il marmo bianco di Luni, le statue della Grecia, le pitture del Rinascimento, le memorie stesse del luogo componessero un incanto in torno a un qualche suo superbo amore

4. FIRENZE (Inferno – Dan Brown)

Firenze

Sotto di me, vertiginosamente più in basso, i tetti di tegole rosse si estendono come un mare di fuoco fin nella campagna, illuminando quella terra armoniosa su cui un tempo camminarono i giganti: Giotto, Donatello, Brunelleschi, Michelangelo, Botticelli

5. NEW YORK (Ti vengo a cercare – Musso)

New York

Immagina… New York. Il fermento di Times Square. Le urla, le risate, la musica. L’odore di popcorn, di hot dog, di fumo.

I neon, i maxischermi, le insegne luminose sulle facciate dei grattacieli. Gli ingorghi, i taxi, le sirene della polizia e i colpi di clacson. Poi la folla, che spinge e si accalca.

Un flusso continuo di turisti, venditori abusivi e scippatori. Sei uno dei granelli di sabbia di questa folla


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autore

Giorgio

Autore del Blog. Classe ’84. In direzione ostinata e contraria sin da principio, della vita perseguo l’incanto... ...Delle parole, delle immagini, delle note. Mi piace stupirmi di ogni attimo inatteso, così da scoprire ogni volta il mio senso e il senso degli altri.

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