Un disastro è quello che ci vuole
per vedere chiaro nelle cose.
Trama
Un fotografo, girovagando per le vie di Londra alla ricerca d’ispirazione per un foto-libro, s’imbatte in due amanti che si scambiano effusioni in un parco dove dominano incontrastati silenzio e tranquillità.
Il soggetto gli sembra perfetto, e così comincia a riprendere degli scatti di nascosto dai diretti interessati.
Ben presto, la donna si accorgerà della sua presenza e farà di tutto per entrare in possesso del rullino.
Di fronte ad un simile comportamento, comincia a sorgere nel fotografo la convinzione che in quelle fotografie abbia immortalato qualcosa di scomodo, così decide di analizzarle approfonditamente mediante la tecnica del Blow Up (ovvero dell’ingrandimento fotografico).
E’ così che si rende conto di essere stato testimone inconsapevole di un omicidio. Ma la realtà è davvero quel che sembra?
O è tutto solamente una pura illusione?
Recensione
Questo è un film che ciclicamente rivedo e ripropongo, in quanto è stato uno dei miei primi “innamoramenti cinematografici”. L’ho sempre trovato un’opera d’arte totale, metacinematografica per eccellenza, in cui si possono trovare concetti che vanno dal Mito della Caverna di Platone a Las Meninas di Velazquez.
Davvero in pochi le conoscono:
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Cinema e fotografia manipolano la realtà, fino a renderla ambigua, cosicchè non si riesce più a stabilire cosa sia reale e cosa fittizio.
Il solo ad esserne a conoscenza è colui che tutto ha creato: il regista “demiurgo”.
Gli stessi attori non sono altro che marionette nelle sue mani: manichini senz’anima, cadaveri che assumono le sembianze di opere d’arte astratte, mimi che possono giocare una partita di tennis con una palla invisibile di cui però si ode il rumore, oleogrammi che possono scomparire dalla scena con una semplice dissolvenza.
Qui, forma e concetto si sposano alla perfezione.
Il tutto si risolve in giochi d’immagini nell’immagine, di moltiplicazione dei piani visivi e di finzione nella finzione fino al totale straniamento dello spettatore.
Una sorta di doppia negazione: se infatti quel che guardo è una finzione, ma poi assisto ad una finzione nella finzione, allora quella finzione nella finzione è realtà o meno?
E’ questo il limite fra arte/illusione/apparenza e verità che rientra nella sfera dell’insondabile, dell’inconoscibile…